IL VILLAGGIO DEGLI GNOMI

Pubblicato il da poesieantonio

Questo racconto è stato pubblicato nelle antologie della Ibiskos-Ulivieri

 

IL

VILLAGGIO  DEGLI GNOMI 

 

In un pianeta immerso nell’universo lontano migliaia di anni luce dalla terra, viveva una comunità di gnomi gioiosi e multicolori.

Un tipo che non stava mai fermo, sempre intento a dare disposizioni, era il capo e si chiamava Violetto.

Era sicuramente esigente ma sapeva però ascoltare chiunque avesse bisogno di un parere o di un consiglio e dall’alto della sua saggezza, indicava a tutti la strada migliore.

Era il più sensibile ed il più assetato di giustizia e rispetto delle regole dell’intero firmamento.

È difficile immaginare che un popolo così gioioso e scanzonato potesse vivere nel rispetto delle regole dettate solo dal buon senso e non da codici scritti.

È difficile immaginarlo per noi che non riusciamo a capire quanto la nostra libertà il rispetto e l’armonia dipendono dalla nostra capacità di rispettare i nostri simili.

Ciò detto non crediate che nel villaggio di Violetto la vita fosse piatta e noiosa, tutt’altro.

Le regole ed il rispetto servono essenzialmente per vivere senza soprusi e cattiverie.

So che è un’utopia che non si avvererà mai ma chiudete un solo minuto gli occhi ed immaginate come sarebbe il nostro mondo senza furti sopraffazioni e cattiverie di ogni genere, senza allarmi, antifurti, chiavi, codici e qualsiasi altra cosa che ci aiuti a difenderci dai malfattori.

Tornando ai nostri amici, essi vivevano felici con industriosa fantasia.

Artigiani di ogni mestiere, lavoravano cantando nei loro laboratori sfornando opere di pregevole bellezza.

Il mantice del fabbro, la pialla del falegname, l’ascia del boscaiolo, la pala del fornaio e mille altri attrezzi componevano insieme musiche celestiali, come celestiali erano i giochi d’acqua e di luci realizzati da valenti architetti.

Nel villaggio non esistevano invidia e cattiveria, ognuno aveva rispetto per l’altro e tutti si prodigavano nell’aiutare chi ne avesse bisogno.

I nostri amici vivevano in un luogo incantevole situato alla base di piccole colline che facevano da cornice al villaggio.

Le case piccole ma confortevoli, erano costruite in legno.

Il calore si diffondeva non solo con l’allegro crepitio della legna che bruciava nel camino, ma anche attraverso la fusione delle strutture in legno con le opere in ferro realizzate dai maestri fabbri e arricchite da splendidi orologi  costruiti con perfezione ed arte sublime dai maestri orologiai.

Ogni cosa era realizzata con cura ed armonia, tanto da rendere le case autentiche

opere d’arte.

I nostri amici conoscevano ben poco del mondo che li circondava perché erano talmente presi dalla passione coinvolgente con la quale affrontavano la vita, che non avvertivano l’esigenza di conoscere altri luoghi.

Il loro piccolo mondo era situato in una costellazione chiamata “il giardino profumato”.

Fin’ora abbiamo descritto le case ed il loro arredamento ma i giardini, i campi ed i frutteti, rendevano il luogo ancora più incantevole.

L’invidia e la prepotenza, erano vocaboli sconosciuti alla totalità dei nostri amici.

Chi non pensa al male, difficilmente riesce ad immaginare che altri possano procurare dolore.

Ma per chi è insensibile ai sentimenti più alti, pensare al male è un esercizio quotidiano.

I nostri piccoli amici non avevano ricchezze materiali che avrebbero potuto attirare le mire di qualche malfattore, ma sicuramente avevano come tesoro valori inestimabili come l’amore, la saggezza, la bontà, l’onestà, l’altruismo.

Questo era il tesoro invidiato da un popolo che viveva poco distante.

Era un popolo guerriero guidato da un essere ignobile di nome Veleno.

La prepotenza era il loro vangelo e pur non avendo nulla da depredare al popolo degli gnomi, Veleno nutriva un profondo odio per tutto ciò che odorava di buono, per tutto ciò che condannava la violenza e la sopraffazione, decise quindi che doveva distruggere quel popolo che aveva un modo di vivere fondato sull’amore.

Decise che quel luogo così armonioso, doveva essere cancellato, così riunì i guerrieri e si mise in marcia verso il villaggio degli gnomi.

Spesso i potenti ed i prepotenti, sottovalutano l’immenso genio e l’immensa forza di chi appare esile e arrendevole.

Fu così che quella che doveva essere una trionfale e semplice invasione, si tramutò in qualcosa di inimmaginabile per Veleno ed i suoi scagnozzi.

Abbiamo parlato di come apparisse il villaggio degli gnomi, la perfezione e l’armonia architettonica delle case, dei giardini e dei giochi di acqua e di  luci.

Ma oltre ad essere dei grandi artisti, gli gnomi erano anche degli insuperabili ingegneri e scienziati.

Questo popolo straordinario pur non conoscendo molto del mondo esterno, era informato dell’esistenza di esseri malvagi pronti a sopraffare i popoli più deboli.

Per questo avevano realizzato un’opera straordinaria di autodifesa.

In pochi minuti l’intero villaggio poteva scorrere verso il basso, mentre la superficie

dove sorgeva, veniva ricoperta da un’immensa foresta paludosa e intrecciata, tanto

da renderla inaccessibile per qualsiasi essere vivente.

In un vasto tratto delle colline circostanti, conosciuto solo dagli gnomi che vi arrivavano attraverso complicati passaggi segreti, vivevano numerosi animali che essendo grandi amici degli gnomi,vigilavano sulla loro sicurezza.

Dall’alto, maestose aquile reali, sorvolavano continuamente tutto il territorio coordinando  gli altri volatili, mentre in basso ogni famiglia di animali controllava una parte della zona che circondava il villaggio.

Tra i più attivi c’erano sicuramente i castori che correvano sulle colline con allegria e velocità manifestando con gioia  l’ingegno che li distingue in ogni circostanza.

E furono proprio loro insieme alle aquile a fiutare prima e vedere poi, che qualcosa di molto grave stava per turbare la gioiosa vita del villaggio.

Infatti la brigata di Veleno si era messa in marcia , armata di tutto punto.

I nostri amici si stropicciarono bene gli occhi per essere sicuri di aver visto nel modo giusto e poi si precipitarono ad avvertire gli altri animali e l’ignaro popolo degli gnomi

Tutto si svolse come previsto, Violetto diede le disposizioni necessarie ad attivare i meccanismi per far sparire il villaggio e gli animali si riunirono nelle loro tane segrete.

Gli gnomi abituati  alla luce del sole, mal digerivano vivere con la luce artificiale  senza poter correre nel verde dei prati, senza arrampicarsi sugli alberi e senza godere di tutto ciò che la natura poteva offrire.

I nostri amici però superato il primo periodo di ambientamento, si adattarono ben presto al nuovo mondo sperando però di non rimanerci troppo a lungo  e continuarono, nei limiti del possibile, a vivere come se fossero in superficie.

Nel frattempo, Veleno, si avvicinava sempre più  dove era convinto sorgesse il villaggio.

Ma appena giunti sul posto, i guerrieri e prima di loro il feroce condottiero, si arrestarono di colpo inorriditi dalla visione che appariva ai loro occhi.

Al posto del villaggio e delle sperate prede, videro una intricatissima e pericolosa foresta.

Cercarono di addentrarsi con rabbia  ma ogni tentativo risultò vano; in quella foresta non si avvertiva la presenza di nessun essere vivente.

I perfidi guerrieri, correvano avanti e indietro urlando e spaventando ancora di più i propri cavalli che con il loro istinto capivano che qualcosa di magico era nascosto in

quel groviglio di alberi strani.

Molto tempo passò nella confusione più totale finché esausto, Veleno ordinò ai suoi di fermarsi e di accamparsi vicino alla foresta.

Nel mondo sotterraneo intanto la vita aveva il suo solito ordinato svolgimento come se nulla fosse cambiato.

Il mattino seguente, Veleno organizzò le sue truppe con la speranza di risolvere il pasticcio nel quale si era cacciato.

Egli era certo che in quel posto sorgeva un villaggio, sguinzagliò quindi i suoi uomini alla ricerca di un sentiero che gli permettesse di entrare nella foresta.

Per cinque giorni i guerrieri si dannarono alla ricerca di qualsiasi cosa potesse mostrare un segno di esistenza di vita dentro quel dannato groviglio di alberi intrecciati a rovi e cespugli.

Per cinque giorni ispezionarono minuziosamente chilometri di strada intorno alla foresta senza trovare spazi accessibili, finché  un bestione alto due metri di nome Mano Mozza (per via di un incidente di caccia nel quale un orso gli aveva disintegrato la mano), esausto per la lunga fatica cadde a peso morto all’interno della foresta azionando un congegno segreto che fece apparire un vialetto libero da ogni ostacolo.

Mano Mozza non si alzò da quella posizione per paura che il passaggio si richiudesse, urlò il nome di un compagno e gli ordinò di correre ed avvertire Veleno.

In men che non si dica, il perfido condottiero arrivò sul posto e preso dalla foga passò di corsa sopra il corpo di Mano Mozza seguito dal resto dei suoi uomini.

Pesto e malconcio Mano Mozza si alzò a fatica e segui il resto della brigata.

Il vialetto sembrava non finire mai, la foga e l’entusiasmo che avevano guidato i passi dei malvagi guerrieri, si trasformarono man mano in affanno rabbia e preoccupazione.

Quel viale che sembrava dovesse portare al tanto sospirato villaggio, si trasformava

sempre più in una trappola senza scampo.

La foresta rimaneva inaccessibile in ogni suo punto e i sogni di conquista, si trasformavano con il passare del tempo,in un incubo tremendo.

Dall’alto, le aquile continuavano a vigilare tutto il territorio tenendo d’occhio passo dopo passo, l’avventura tragicomica dei malvagi aggressori ed informando, attraverso gli animali messaggeri, il popolo degli gnomi.

Violetto ed i suoi, seppure preoccupati, si mostravano abbastanza tranquilli e fiduciosi nella buona riuscita della difesa organizzata.

Il sistema difensivo era continuamente tenuto sotto controllo da una squadra speciale addetta alla manutenzione e periodicamente provato per verificarne la funzionalità.

Intanto la passione malvagia degli invasori, sembrò essere premiata quando un giorno apparve un altro sentiero molto più largo ed illuminato che sembrava davvero potesse portare al villaggio.

Senza avere il benché minimo dubbio,Veleno e i suoi si avventurarono nel grande viale, sicuri di non avere più sorprese.

Ore ed ore di marcia spensero però quell’aria di trionfo che avevano stampata sul volto.

Più percorrevano il nuovo sentiero e più aumentava la preoccupazione di essere caduti in un nuovo tranello studiato nei minimi  dettagli.

Tanta era la paura di correre affannosamente senza alcun risultato, che a Veleno balenò l’idea di tornare indietro, ma nel voltarsi, vide con molta preoccupazione, che la foresta stava richiudendosi dietro di loro.

Presi dal terrore di essere inghiottiti da rovi e paludi, i malvagi guerrieri si gettarono avanti creando una confusione indescrivibile.

Più correvano e più velocemente la foresta si chiudeva alle loro spalle.

Veleno si rese conto che rallentando o addirittura fermandosi, altrettanto faceva la foresta.

Questa scoperta lo tranquillizzò molto e quando vide che la strada si trasformava in una grande oasi colma di alberi da frutto e sorgenti d’acqua fresca, seppure incredulo, ordinò ai suoi di fermarsi.

Con molta prudenza si avvicinò ad un albero e colse un frutto che sembrava molto succoso.

Il suo essere sospettoso, non  gli fece accettare  quella nuova situazione con il dovuto entusiasmo, pensò anzi che si trattasse di un ennesimo imbroglio, ordinò quindi a Mano Mozza di assaggiare il frutto e di bere l’acqua di una sorgente.

Dire che Mano Mozza fosse felice nell’essere scelto come cavia, sarebbe come dire un’autentica fesseria, ma di certo non poteva disobbedire ad un ordine di Veleno senza rischiare di subire la sua ira e le inimmaginabili conseguenze.

Il furfante prese il frutto  e lo addentò timidamente  ma l’immediato urlo del capo lo convinse ad inghiottirlo quasi senza masticare e a correre a bere l’acqua di una sorgente.

Un lungo e preoccupato silenzio accompagnò la prova di Mano Mozza, ma visto che il suddetto non stramazzava a terra stecchito, tutti si mossero piano piano e poi velocemente prendendosi a spintoni, verso tutto ciò che poteva riempire la pancia e placare la sete.

I frutti squisiti e l’acqua fresca salvarono sicuramente i briganti da una situazione a dir poco complicata.

Da giorni il cibo e l’acqua erano rigorosamente razionati ed il malumore dei briganti era arrivato al culmine, fu quindi molto più semplice per Veleno, tenere gli scagnozzi uniti sotto il suo comando visto che il problema della sopravvivenza era stato risolto.

Passarono la notte come mai gli era capitato, neanche quando tornavano da una battaglia vinta e festeggiavano fino alla mattina.

Il giorno seguente, freschi e rinvigoriti, ripresero la marcia verso la loro meta, dopo aver riempito le loro sacche, di cibo ed acqua.

Ripreso il cammino lasciandosi alle spalle con molta malinconia, uno splendido paesaggio, i briganti supplicarono Veleno di rimandare la partenza di qualche giorno,

ma le urla che ne seguirono, li fece desistere da ogni ulteriore tentativo.

Gli gnomi intanto si divertivano un mondo nell’ascoltare le gesta e le disavventure dei guerrieri, raccontate con un’ infinità di particolari dagli animali messaggeri.

Sembrava quasi di vedere un film comico, tanto era precisa e divertente la ricostruzione  dei fatti.

Tutto proseguiva come previsto dai piani di difesa ideati dagli antenati degli gnomi.

La marcia dei briganti proseguiva a passo veloce con la certezza che la vittoria si avvicinava sempre più.

Passarono giorni e giorni di cammino e con il passare del tempo, aumentavano le difficoltà e l’ansia del fallimento.

Il viale si restringeva a vista d’occhio fino a diventare un viottolo che consentiva il passaggio di una sola persona per volta.

Il desiderio di Veleno e dei suoi non era più rappresentato dal villaggio da conquistare ma dalle loro case, dalle loro famiglie.

Mai come in questo momento avvertivano la necessità di una vita serena vicino ai propri cari.

Erano briganti, guerrieri, ma in fondo, anche se molto in fondo, al loro cuore avevano dei sentimenti, degli affetti di cui avvertivano tutta la forza nei momenti più drammatici.

In realtà il momento era davvero grave; il viale stretto, i viveri non più abbondanti, la vista che non offriva altro se non una foresta sempre più intricata e la speranza di trovare il villaggio degli gnomi che si affievoliva sempre più.

Resistettero qualche giorno ancora e poi caddero tutti come pere cotte senza più forza e senza alcuna dignità.

Non si resero neanche conto di essere usciti dalla foresta andando a cadere all’interno del loro villaggio.

Quando furono rifocillati e potevano reggersi  in piedi, anche se la missione era fallita, festeggiarono il ritorno a casa, fino a notte fonda.

Dormirono diverse ore e quando il sole era già alto,Veleno radunò l’intero villaggio annunciando un discorso di estrema importanza.

“La nostra ultima missione”, disse, “ è stata un vero disastro, ma questo fallimento,   ed i mesi passati nella foresta, ci hanno fatto capire che forse possiamo vivere senza guerre, senza violenza e senza rubare agli altri, nutrendoci di quello che la natura ci  offre con ricchezza ed abbondanza”.

Gli applausi e le grida d’entusiasmo, fecero capire chiaramente quanto l’intero popolo gradisse le nuove idee del capo.

Non appena le aquile si resero conto che non esisteva più alcun pericolo, che l’incubo dell’invasione era svanito, volarono ad avvertire gli altri animali ed in modo particolare i messaggeri che con la massima velocità, comunicarono la notizia a Violetto.

Vi lascio immaginare l’entusiasmo e la gioia dei nostri piccoli amici nell’apprendere che di lì a poco, avrebbero ripreso la vita di sempre.

Violetto attivò subito i meccanismi per riportare in superficie l’intero villaggio e tutto

 tornò a risplendere alla luce del sole, gli animali ripresero felici le loro corse e gli gnomi la loro vita serena ed armoniosa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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